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L’analisi dei dati di mortalità è uno degli strumenti più frequentemente

utilizzati per valutare lo stato di salute delle popolazioni.

L’analisi epidemiologica della mortalità necessita di un attento

 e sistematico approccio nell’affrontare un evento, l’evento

morte, che mantiene sia valenze negative, se effetto di un vacuum sanitario o sociale, sia contenuti filosofici o religiosi, quando naturale exitus di vita.

Con adatti strumenti statistici ed una base dati il più fedele possibile alla realtà, si riesce a delineare un quadro attendibile del fenomeno studiato.

 Ne deriva la possibilità di scattare un'istantanea dell’evento

su base territoriale e su stratificazioni via via sempre più attente alle componenti naturali, demografiche, geografiche e sociali.

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Il confronto tra immagini di territori diversi o dello stesso territorio in tempi diversi, mappa l’evento nel suo trend geografico o temporale, fornendo indicazioni di politica sanitaria. Come di fronte ad un preparato biologico ed alla scelta delle sue colorazioni, così è possibile, con strumenti statistici, attuare azioni di increase o decrease di particolari che, evidenziati, permettono, una volta recuperata la visuale d’insieme, la conoscenza di alcuni dei significanti epidemiologici del fenomeno.

In Italia, la raccolta dei dati di mortalità tramite la compilazione delle schede di morte, oltre che un obbligo di legge, è diventata ormai una tradizione consolidata. Molti sforzi sono stati fatti al riguardo per sensibilizzare i medici alla corretta indicazione della natura e delle cause di morte, elemento che travalica la valenza burocratica dell’adempimento e che fornisce, invece, le informazioni basilari per il “data warehouse” epidemiologico.

La successiva codifica delle cause di morte con codici ICD99, manuale fino al 1994 e semiautomatica (80% circa) successivamente, permette l’archiviazione di serie storiche di dati analizzabili in via informatica.

Una sperimentazione di doppia codifica su schede di morte di alcuni mesi del 1995 individuava un fattore K, coefficiente di raccordo causa-specifico (“bridge coding”), necessario al confronto dei dati di mortalità di periodi interessati da diverse codifiche23.

 

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La base dati così ottenuta, stratificabile per anno, sesso, territorio, causa di morte, fascia d’età fornisce un valore che è riferibile al numero assoluto di eventi morte. Il dato grezzo va interpretato alla luce degli indicatori specifici di settore: tassi grezzi e standardizzati diretti o indiretti, tassi specifici per fascia o per causa, speranza di vita, anni di vita potenziale persi, influenza della causa di morte sulla variazione della speranza di vita, mortalità cosiddetta evitabile, significatività statistica delle variazioni etc.

Sono appunto i confronti delle differenze territoriali o temporali di questi indicatori che individuano i trend da considerare importanti per l’analisi storica e l’indirizzo delle future politiche sanitarie sia a livello locale sia a livello provinciale, di macro area o regionale.

Già nel XVII° secolo nel Regno Unito si effettuavano studi di mortalità ed in particolare sulle differenze per sesso, età e stagionalità finché nel 1854 J. Snow studiando le numerose morti per colera verificatesi nella città di Londra ne individuava una relazione con l’approvvigionamento idrico alla pompa in Broad Street prima ancora della scoperta dell’agente etiologico: era nata l’epidemiologia moderna proprio a partire da dati di mortalità37. La topografia degli eventi morte, ancor prima delle conoscenze scientifiche, aveva permesso di identificare un bisogno sanitario e di operare le scelte decisionali utili al suo soddisfacimento.

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In epoca più recente, oltre che analizzare i dati di mortalità per individuare con maggior precisione bisogni sanitari storici od emergenti, gli indicatori di mortalità sono considerati, pur con alcuni limiti, tra i migliori strumenti per la programmazione sanitaria:

·        Mays et al (1992)24  notano che "molti studi hanno prodotto risultati che supportano l'uso di dati di mortalità come indicatore di morbosità";

·        Sheldon et al (1993)36 dichiarano che non utilizzare i dati di mortalità "significherebbe scartare il migliore proxy di morbosità disponibile";

·        Frohlich e Mustard (1994)17 evidenziano che "il tasso di mortalità standardizzato viene giustamente visto come una misura di stato di salute";

·        “Il tasso di mortalità prima di 75 anni, è generalmente considerato il miglior proxy singolo dei bisogni di salute di popolazione attualmente disponibile”12, 15, 8, 33, 39;

·        “una elevata mortalità riflette un peggiore stato di salute ed un maggior bisogno di assistenza sanitaria”28.

Anche se l'uso di proxies di bisogno di salute derivati dai dati di mortalità è stato criticato come inappropriato per l'allocazione di risorse poiché essi “non tengono conto della povertà e di altri aspetti dello svantaggio sociale”5, 16, 21, è tuttavia possibile avere un quadro delle disparità di salute legate alle condizioni sociali ed economiche correlando queste ultime e gli indicatori di mortalità come ottimamente realizzato nello Studio Longitudinale Toscano  “Condizione socio-economica e mortalità in Toscana” della Regione Toscana38. 

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Sempre in ambito di programmazione sanitaria, la crescente spesa per l’assistenza sanitaria, i ridotti flussi finanziari alle Regioni e lo strutturale ritardo nella  loro erogazione obbligano a farsi maggiormente carico della massimizzazione dei guadagni di salute con i budget disponibili13.

In ambito di analisi dei dati di mortalità, molti e diversificati sono stati i set di indicatori utilizzati. In particolare l’indirizzo specifico delle varie analisi storicamente effettuate suggeriva di porre maggior enfasi su alcuni indicatori anziché su altri.

Per esempio, la mortalità infantile è considerata da lungo tempo tra i più importanti indicatori dello stato di salute di una popolazione. E’ comunque nostro avviso che tale valore si è notevolmente affievolito nel mondo occidentale a partire dagli anni 80.

Infatti, a fronte di ridotti tassi di natalità e di fecondità della popolazione occidentale, sembra emergere una maggior sensibilità dei tassi di mortalità neonatale ed anche perinatale come specifici indicatori di assistenza sanitaria specialistica, mentre le variazioni del tasso di mortalità infantile non sembrano essere veramente indicative, almeno in condizioni di normalità e con riserva per alcuni territori del meridione anche geograficamente deputati a sostenere l’impatto dei recenti flussi immigratori.

Alla luce di queste considerazioni e della reale possibilità di intercettare i fenomeni correlati alla mortalità infantile utilizzando le analisi delle patologie congenite e perinatali per la fascia d’età 0-4, l’indicatore mortalità infantile non è stato da noi utilizzato.

  

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Già nel 1976 Rutstein, parlando di “evento sentinella” come di quella malattia o morte che si sarebbe potuta evitare con un buon funzionamento del sistema, cominciò ad introdurre l’importante capitolo della cosiddetta mortalità evitabile34. Evitabile cioè con una prevenzione di tipo primario, secondario o con adeguata assistenza diagnostico-terapeutica. Da un iniziale e molto vasto insieme di cause di morte, ben presto si manifestò l’esigenza di accorpare e sfoltire le patologie interessate agli eventi evitabili e di valutare gli effetti di questi nelle classi di età dove una prevenzione di vario tipo avrebbe sortito il miglior risultato. Lo studio Prometeo–Atlante della Sanità Italiana10, 11, vari studi ISTAT22 e dell’Istituto Superiore della Sanità vanno appunto in questa direzione.

Per noi è veramente difficile non considerare evitabili tutte quelle morti che derivano da un bisogno non soddisfatto; per questo SISTEMA VSITALIA calcola la mortalità evitabile nel range d’età 5-65 per tutte le cause di morte del set considerato significativo. Sarà quindi possibile valutare sia le morti strettamente considerate evitabili sia eventuali altri bisogni sanitari.

L’indicatore “speranza di vita alla nascita” è quello che negli ultimi decenni ha maggiormente rappresentato il miglioramento dello stato di salute della popolazione Italiana mostrando un continuo incremento sia per i maschi che per le femmine. Gran parte di questo incremento è probabilmente dovuta al miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie della popolazione anche in seguito al diffuso miglioramento delle condizioni economiche oltre che dell’assistenza sanitaria in toto.   

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L’influenza della causa di morte sulla variazione della speranza di vita è da noi calcolata sia secondo il metodo Pollard30, 31, che valuta tutte le cause di morte per ogni fascia d’età, sia secondo un metodo causa-specifico per ogni fascia d’età, metodo questo che permette il confronto tra vari territori.

Gli altri indicatori specifici di settore come tassi grezzi e standardizzati diretti o indiretti, tassi specifici per fascia o per causa, anni di vita potenziale persi, restano sempre e comunque tra i più utili strumenti di indagine.

Nel nostro lavoro è possibile valutare la significatività statistica delle variazioni di alcuni indicatori sia in senso sincronico (tra territori diversi) sia in senso diacronico (tra periodi diversi dello stesso territorio) con l’utilizzo di alcune tabelle che, calcolando gli intervalli di confidenza al 95% o al 99%, indicano, con un intuitivo sistema di semafori, se i valori confrontati sono in un range di non significatività oppure sono significativamente superiori od inferiori (IC over-lap).

SISTEMA VSITALIA by MdP, pur non potendo esaurire, a causa delle sue limitazioni, la estrema complessità e specificità del settore analisi dei dati di mortalità, tenta di fornire un elementare sistema automatico di confronto e valutazione degli eventi morte nel tempo e nello spazio. 

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